Presupposti del procedimento di ingiunzione

Tra gli strumenti di tutela del creditore previsti dal nostro ordinamento, un ruolo di primaria importanza è occupato da decreto ingiuntivo e ipoteca giudiziale.
Il decreto ingiuntivo costituisce lo strumento più utilizzato nella prassi giudiziaria per la tutela delle pretese creditorie.
Disciplinato dagli art. 633 e ss. del c.p.c., il procedimento per ingiunzione viene qualificato come un procedimento speciale di natura sommaria, il cui scopo principale è quello di garantire una tutela quanto più possibile celere al creditore.
La ratio di questo particolare tipo di procedimento, dunque, è quella di consentire al creditore di ottenere un titolo esecutivo in tempi relativamente brevi.
Il titolo esecutivo, infatti, costituisce il mezzo con cui il creditore potrà poi azionare il processo di esecuzione e, di conseguenza, riuscire ad ottenere la soddisfazione del proprio credito nel caso in cui il debitore non paghi spontaneamente.
In ragione di ciò, il procedimento si svolge inaudita altera parte, ovvero in assenza di un contraddittorio.
Peraltro, come approfondiremo, il codice prevede una espressa disciplina nel caso di decreto ingiuntivo e ipoteca giudiziale.
Prima di procedere con il deposito del ricorso è opportuno vagliare che il credito vantato abbia tutti i requisiti previsti dalla legge per l’azionamento del procedimento per ingiunzione.
In particolare, il credito deve essere liquido, esigibile e fondato su prova scritta.
Un esempio concreto di un credito di questo tipo, può aversi nel caso di mancato pagamento di una fattura. In questo caso il creditore disporrà di un credito che risponde a tutti i requisiti richiesti dalla norma.
Nel caso in cui il credito vantato abbia tutti i citati presupposti, sarà possibile pertanto azionare il procedimento di tutela sommaria.

 

Il deposito del ricorso e l’emissione del decreto

Per ottenere il provvedimento sarà sufficiente il deposito del ricorso e dei documenti su cui si fonda la pretesa presso la cancelleria del giudice competente.
Il giudice provvederà allora ad emettere il decreto, che consiste, in sostanza, in una vera e propria ingiunzione con cui l’autorità giudiziaria intima al debitore di pagare la somma dovuta.
Una volta emesso il decreto, il creditore avrà l’onere di notificarlo al debitore entro il termine di 60 giorni dal deposito in cancelleria.
A questo punto del procedimento possono verificarsi due diverse ipotesi:

  1. Il debitore, ricevuto il decreto, può decidere di proporre – entro il termine perentorio di 40 giorni- opposizione al decreto. In questo caso prenderà avvio un procedimento a cognizione ordinaria;
  2. Il debitore, ricevuto il decreto, può decidere di non proporre opposizione e, trascorsi 40 giorni dalla notifica, il provvedimento del giudice diventerà definitivo.

Va, infine, ricordato che, affinché il decreto possa essere considerato un vero e proprio titolo esecutivo, sarà necessario un ulteriore passaggio, ovvero l’apposizione della formula esecutiva da parte del giudice che ha emesso il decreto.
Anche in questo caso il procedimento è abbastanza semplice, basterà attendere lo spirare dei 40 giorni concessi al debitore per la proposizione della eventuale opposizione e poi richiedere l’apposizione della formula esecutiva mediante deposito dell’originale dell’atto notificato presso la cancelleria competente.

La provvisoria esecutività del titolo

Va peraltro evidenziato come sia possibile accelerare ulteriormente il procedimento mediante la richiesta di provvisoria esecutività di cui all’art. 642 del c.p.c.
Qualora, infatti, il credito presenti le caratteristiche tassativamente previste dall’art 642 c.p.c., il ricorrente potrà richiedere al giudice di emettere un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo.
Questo significa che il creditore potrà procedere all’esecuzione forzata senza attendere i 40 giorni previsti per l’acquisto dell’esecutività del decreto.
Il debitore potrà comunque opporsi e chiedere la sospensione della provvisoria esecutività del titolo, dando così avvio al procedimento ordinario, ma qualora il giudice rigettasse la richiesta di sospensione dell’esecuzione, il creditore potrà intraprendere sin da subito tutte le azioni necessarie a tutelare le sue pretese.

L’Ipoteca come strumento di tutela del creditore

Ci si chiede, infine, come possa fare il creditore a tutelarsi contro la possibile insolvenza del debitore. Uno dei principali strumenti di tutela previsti dal nostro ordinamento è dato dall’ipoteca. Con il termine ipoteca si definisce il diritto reale di garanzia disciplinato dagli artt. 2208 e seguenti del c.c.. Si parla, appunto, di diritto reale di garanzia, perché la sua funzione è quella di costituire una sorta di protezione del creditore in caso di insolvenza del debitore.
Una volta che il creditore iscrive ipoteca, infatti, egli avrà una preferenza sul prezzo ricavato dall’espropriazione. Questo tipo di garanzia può essere iscritta su beni immobili e beni mobili registrati.
La legge prevede tre diverse tipologie di ipoteca:

  • Volontaria;
  • Legale;
  • Giudiziale.

Un esempio concreto di ipoteca legale si verifica nel caso di acquisto di un immobile mediante accensione di un mutuo presso una banca. In questo caso la banca, contestualmente alla stipulazione del muto, iscriverà ipoteca legale sull’immobile acquistato a garanzia del pagamento della somma data. Così, nel caso di insolvenza del debitore, essa avrà preferenza su quanto ricavato dalla vendita dell’immobile all’asta.
Si parla, invece, di ipoteca volontaria quando il diritto reale di garanzia viene costituito mediante un accordo volontario tra le parti o per atto unilaterale inter vivos. Ad esempio in occasione della stipulazione di un contratto e dunque a garanzia dell’adempimento dell’obbligazione.
L’ultima tipologia di ipoteca che analizzeremo è l’ipoteca giudiziale. Viene definita così l’ipoteca che può essere iscritta sulla base di un provvedimento di pagamento ad una somma di denaro emesso dall’autorità giudiziaria.
Così, ad esempio, in caso di sentenza che condanna il soccombente al pagamento di una somma di denaro nei confronti della controparte, quest’ultima, per rafforzare la propria garanzia in caso di insolvenza del debitore, potrà iscrivere ipoteca giudiziale.
Per ciò che attiene il procedimento di ingiunzione, va evidenziato che il legame intercorrente tra decreto ingiuntivo e ipoteca giudiziale trova una espressa disciplina codicistica.
L’articolo 655 del c.p.c., infatti, stabilisce che il decreto ingiuntivo munito di formula esecutiva sia un titolo valido per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale.
Pertanto il rapporto intercorrente tra decreto ingiuntivo e ipoteca giudiziale gode di una tutela espressa da parte della legge.
Ne consegue che, una volta che il giudice avrà emesso il decreto e questo sia divenuto esecutivo – o sia munito della formula di provvisoria esecutività – il creditore potrà tranquillamente iscrivere ipoteca a garanzia del pagamento della somma dovuta.

Come si iscrive l’ipoteca giudiziale?
L’iscrizione dell’ipoteca deve essere fatta mediante l’iscrizione nei pubblici registri.
Per effettuare l’iscrizione sarà sufficiente richiedere alla cancelleria competente una copia autentica ad uso iscrizione ipotecaria della sentenza o del decreto ingiuntivo e predisporre la nota di iscrizione da presentare al conservatore dei registri immobiliari territorialmente competente.